Realtà dibattuta, spesso al confine tra arte e
vandalismo, tra chi sostiene, come Dacia Maraini: "I graffiti
urbani? Molto meglio i lavavetri che, salvo qualche maleducato,
chiedono il permesso prima di pulirti il parabrezza e fanno spesso un
buon lavoro" e chi li sdogana e ne conferma la dignità di Arte,
come Sgarbi e Veltroni.
Non si confondano i graffiti d’Arte con i
vandalismi di stupide, scialbe ed inutili scritte (come gli abusati
non molto tempo fa "tre metri sopra il cielo") e con le
vernici su edifici pubblici, o di alto valore storico o
architettonico. Duplice condanna a chi continua ad imbrattare i muri
esterni del Porporato [N.d.a.].
I graffiti come arte nascono negli USA negli anni
’70, per arrivare nelle grandi città, in Italia, solo alla fine
degli ’80. Gli obiettivi dei writers originari consistevano
prima di tutto nella fama legata al loro nome, oggetto primario delle
loro opere, a cui man mano si aggiungono simboli, grafismi e loghi,
per perfezionare l’espressione personale che cercavano. Non
raramente si includono messaggi di contestazione.

Oggi quest’arte si è evoluta: da una parte
invade design e grafica; dall’altra resta sulla strada, diventa
"Street Art", arricchendosi di tecniche (stencil,
stickers, poster, etc.), col fine di produrre un’opera d’arte
contestualizzata, a disposizione di un pubblico che non sceglie di
visitarla.
I comuni hanno imparato a trarre vantaggio da
queste espressioni artistiche spontanee, che ridanno colore agli
angoli grigi delle nostre città di cemento. Per questo mettono sempre
più spesso a disposizione dei writers pareti e spazi in cui sfogarsi
e creare.
A Torino nasce nel ’99 il progetto "Murarte",
per dare opportunità d’espressione ai graffitisti. Si assegna loro
uno spazio in cui operare liberamente, sottostando ad un semplice
regolamento. E il Comune risolve "la necessità di attivare nuove
iniziative a basso costo per combattere il degrado fisico di alcune
parti della nostra città, migliorandone la percezione".
Più recente, del 2010, è il Pic-Turin Festival,
mirante alla riqualificazione di alcune aree di Torino. Da questo
nascono i graffiti – murales sui lati di Palazzo Nuovo, così come
tanti altri.
A Pinerolo non mancano esempi in cui i graffiti
vanno a rendere meno tristi alcuni angoli di città. Primo fra tutti
il sottopassaggio della stazione Olimpica, in cui sono stati
realizzati murales (anche se non perfettamente rientranti nella
definizione di "Graffiti") che ravvivano il grigiore della
ferrovia. Lo stesso vale per i graffiti più spontanei che compaiono
per lo più sui muri di stazioni, passaggi o muri di cemento di vario
genere.
"Visto che i muri parlano e raccontano le storie di chi abita
la città, che non si rassegna al binomio di colori grigio/giallo
Piemonte, è giusto dargli lo spazio che merita".