Provare
a individuare tutte le aree industriali dismesse delle Valli Pellice e
Chisone comporta un impegno quanto mai oneroso. Non si tratta infatti
solo di enumerare le diverse sedi industriali, molteplici, ma
sicuramente comporta la presa di coscienza di una situazione economica
di grande rilievo che non può non essere considerata.
L’attività industriale, intesa come
realizzazione di impianti per così dire di massa, che occupavano
centinaia di operai, prese avvio nelle Valli Pellice e Chisone verso
la seconda metà del XIX secolo. Si distinsero tre filoni produttivi
principali: le industrie tessili, cotonifici e setifici, come le
filature Mazzonis in Val Pellice, o le tessiture di Villar Perosa e di
Perosa, dove intervennero grandi industriali dell’epoca, i Gutermann
e gli Abegg; l’industria estrattiva, nelle alte valli, che portò
alla luce del sole ingenti quantitativi di talco, grafite, rame e
pietra di Luserna; l’industria meccanica della RIV, convertita in
industria bellica durante il secondo conflitto mondiale, e poi passata
sotto il controllo della SKF.
Nonostante le peculiarità di ogni singola
attività, è però evidente un’organizzazione sociale che investì
le valli e ne provocò il decollo economico e lo sviluppo demografico,
e costellò il territorio di infrastrutture, tuttora per lo più
esistenti, spesso ancora coinvolte nella vita quotidiana. La maggior
parte degli stabilimenti industriali, soprattutto per quanto riguarda
le manifatture tessili, prevedevano infatti l’utilizzo di numerosa
manodopera: i numeri vanno dalle poche centinaia al migliaio di operai
per singola industria. Gli stabilimenti vennero perciò affiancati da
edifici residenziali, convitti, asili nido per i bambini, ma anche
locali tecnici di supporto quali le centrali termo ed idroelettriche
necessarie al funzionamento degli impianti. Il mercato che ne
conseguì arrivò a mobilitare quantitativi di merci concorrenziali
con altri stabilimenti europei, e non poté più permettere un
trasporto inefficiente: fu la volta dei collegamenti su binario, ormai
in parte dismessi, che permisero il collegamento con Torino, Saluzzo,
la Val Pellice e la Val Chisone, oltre ai vari collegamenti
"aerei", come la teleferica della Tuccia lunga 4 km.
Ne risulta un quadro molto complesso, carico di valori, esperienze
comunitarie, tragedie, ma anche successi economici che hanno lasciato
eredità ingombranti ma non trascurabili su tutto il territorio, dalla
pianura fino alle quote più elevate, e che rischiano di scomparire se
non adeguatamente trattati. Le variabili in gioco sono molteplici, che
vanno vagliate caso per caso. Ma consci del background storico, dal
quale tutti proveniamo, non possiamo permettere che l’oblio o una
scorretta pratica edilizia cancelli per sempre alcune pagine molto
importanti per queste valli.