Iniziamo con l’instancabile
azione della sezione locale di Italia Nostra, che da anni si batte
affinché il cosiddetto Palazzo Principi d’Acaja, nel pieno centro
storico di Pinerolo, riacquisti la dignità che merita e venga
salvaguardato e valorizzato, scampando ad una fine per nulla
confacente a un edificio del suo rango. Aggiungiamo un’amministrazione
che si è presa a cuore la questione, e si è resa disponibile ad
attuare interventi repentini volti ad arginare una situazione che
potrebbe in brevissimo tempo risultare drammatica, con crolli e
irrimediabili perdite. Inseriamo tra questi due attori
"tradizionali" anche le professionalità offerte dal
Politecnico di Torino, intervenute direttamente attraverso un workshop
concepito da professori e architetti restauratori ed esperti in
diagnostica (coordinati dalla prof. Manuela Mattone), e possiamo dire
che il processo di tutela che procedeva un po’ stancamente da
qualche tempo potrebbe aver trovato la giusta scossa per ripartire!
In questo quadro di
rinnovato interesse per lo splendido edificio medievale – che ha
visto la realizzazione di due video in cui figura lo storico
pinerolese Alessandro Barbero e il successo della cena per raccolta
fondi tenutasi il 30/09 presso il Monastero della Visitazione,
entrambi organizzati da Italia Nostra – un gruppo di 15 studenti
frequentanti il biennio della Laurea specialistica in Architettura
presso il Politecnico ha eseguito una serie di indagini diagnostiche
volte a comprendere lo stato di salute del palazzo e capirne meglio la
conformazione. Le prove, occorre sottolinearlo, hanno avuto
principalmente valore didattico e sono quindi state localizzate su
porzioni limitate ma significative del palazzo; tuttavia, se venissero
integrate con ulteriori ed estese indagini, potrebbero fornire un
quadro completo della situazione e sarebbero una base solida su cui
progettare un futuro (quanto auspicato!) intervento di restauro.
Le analisi si sono
svolte su due giorni distinti: il 3 ottobre alla presenza degli
studenti e, un paio di settimane prima, dai soli tecnici del
Politecnico, che hanno effettuato una sessione propedeutica di
acquisizione dei dati. In entrambi i casi sono state eseguite delle
indagini termografiche all’infrarosso, alcuni saggi endoscopici e
una prova cosiddetta resistografica. Le termografie consentono di
visualizzare informazioni non percepibili dall’occhio nudo, come la
presenza di umidità o elementi architettonici occultati sotto lo
strato di intonaco. Le endoscopie, eseguite attraverso una sonda non
molto dissimile da quelle impiegate in medicina, consentono invece di
introdursi all’interno di muri e solai e capire come sono fatti e se
vi sia la presenza di superfici decorate. Infine la prova
resistografica, eseguita su di una sola trave significativa, ha
indicato la resistenza opposta dal legno alla penetrazione di una
punta azionata da un trapano specifico. Tutte queste indagini non sono
distruttive, o lo sono solo parzialmente: ad esempio, il foro prodotto
dal trapano è assimilabile a quello di un piccolo tarlo.
Attualmente è ancora presto per
dare dei dati precisi, ma certamente ne emergono due significativi. Il
primo: non c’è tempo da perdere, ogni giorno che passa i degradi e
i dissesti che interessano il palazzo potrebbero diventare
irreparabili (leggasi: crolli). È tempo di intervenire! Il secondo:
si sono evidenziate interessanti novità dal punto di vista della
conformazione architettonica (come la presenza di finestre ogivali
decorate, che nel tempo sono state tamponate e intonacate), che
forniscono elementi molto utili per la ricostruzione storica e formale
dell’edificio. Ma per risultati certi c’è ancora bisogno di
tempo. Tempo che purtroppo manca al palazzo per continuare a dare
lustro alla nostra città!