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Il
clima di terrore che avvolge le Filippine continua a crescere di pari
passo al numero degli omicidi commessi per mano della polizia e dei
mercenari, che ormai ha superato le 7.000 vittime.
I racconti dei testimoni descrivono uomini dal volto coperto uccidere
a sangue freddo, agenti di polizia che, dopo aver ucciso i civili,
lasciano vicino ai cadaveri munizioni, droga e armi per simulare
prove.
Sempre gli agenti, una volta interrogati, giustificano le loro azioni
come atti di legittima difesa.
Esistono anche prove circa la morte di sospettati presi in custodia
dalla polizia risultati poi come "morti sotto inchiesta" o
come "cadaveri ritrovati".
La "Guerra" alla droga di Duterte dovrebbe però essere
intesa più propriamente come un crimine contro l’umanità, dato il
costante accanimento contro i più poveri.
In seguito alle denunce delle organizzazioni internazionali, tra cui
Amnesty e Human Rights Watch (HRW), anche la potente chiesa cattolica
filippina si è esposta pubblicamente, esprimendo «Profonda
preoccupazione per i numerosi morti assassinati» e denunciando che
«La guerra contro le droghe è una guerra contro i poveri».
In seguito agli attacchi ricevuti, Duterte ha annunciato la
sospensione delle operazioni, ma le cose non sembrano essere cambiate
nei fatti.
La polizia, come racconta il fotografo filippino Jes Aznar, ha
cambiato semplicemente metodo: questi tipi di omicidio semplicemente
non si commettono più alla luce del sole.
Ma perché questa violazione dei diritti umani non scatena una
ribellione nel popolo?
Sempre secondo Jes Azner, la mancanza di ribellione è data da una
motivazione ben precisa: la gente è stanca, stanca di come l’amministrazione
precedente ha gestito il Paese e l’economia, stanca del fatto che le
persone povere sono sempre più povere, stanca degli oligarchi e dei
soliti ricchi che controllano tutto.
Ma il popolo filippino, esausto e incapace di reagire, ha individuato
in Duterte, unica figura nuova e slegata dalla politica tradizionale,
l’unica speranza di cambiamento.
In preda alla rabbia verso la classe politica i cittadini sopportano
un presidente populista e fascista che definisce "Figlio di
puttana" Papa Francesco; un outsider politico che, nel maggio
2016, durante la campagna elettorale, ha intimato al popolo filippino
di abbandonare la Chiesa cattolica per unirsi alla sua, "quella
di Duterte".
Nonostante opposizione e attivisti abbiano più volte minacciato il
ricorso all’impeachment e di denunciarlo alla Corte penale
internazionale, Duterte ha un influente estimatore.
Secondo una nota della Casa Bianca Donald Trump ha recentemente avuto
una conversazione telefonica con il collega, nella quale i due leader
hanno "discusso sul fatto che le Filippine stanno combattendo
duramente per liberare il Paese dalle droghe".
Un portavoce di Duterte ha confermato l’invito a Washington
confermando "l’apprezzamento di Trump per il lavoro del
presidente filippino, soprattutto sul fronte" della lotta alla
droga.
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